sabato 4 settembre 2010
19. Situazioni difficili per Knopfler
giovedì 26 agosto 2010
18. Per amore Mark trafigge il drago
Sempre in questa canzone dei Dire Straits è evocata anche l'immagine del drago, icona della mitologia cananea: i draghi compaiono pure nei salmi: "Tu con potenza hai diviso il mare/ hai spezzato la testa dei draghi sulle acque" dal Salmo 73 (74); "Camminerai su aspidi e vipere/ schiaccerai leoni e draghi" dal Salmo 90 (91).
lunedì 2 giugno 2008
17. Per la pace una lotta continua
La scelta della vita religiosa, se accompagnata da coerenza e concreta santità ("santo" significa separato, distinto dagli altri per vera eccellenza...) affascina De Gregori:
"[...] Nella tua stanza, sotto il ritratto di Sturzo,/ il crocifisso ti faceva l'occhiolino e tu pregavi con la faccia sul cuscino,/ un po' di pane e un po' di vino./ E nella chiesa l'incenso che brucia se ne va,/ che lingua parla l'agnello che oggi morirà? /e chi lo benedirà... ah aaahh... /un po' di pane e un po' di vino... /Con la tua tonaca e il tuo breviario di Dio sei andato a spasso con la tua bicicletta verso il cielo/ con la tua sciarpa da bambino fin sugli occhi verso il paese dei balocchi/ E nella chiesa l'incenso che brucia se ne va/ che lingua parla l'agnello che oggi morirà/ e chi lo benedirà... ah aaahh".
(da "Vocazione 1 e 1/2" da "Theorius Campus").
I versi del cantautore romano sono solenni nel parlare di Giovanna d'Arco:
"[...] Perché ho visto la Francia, dalla neve al mare,/ e sul piatto della bilancia la mia vita pesare/ e le colombe, i serpenti e gli sciocchi ed il rosso ed il nero/ e questo l'ho cantato con la voce che avevo./ Perché ho visto il mio destino, la mia stella di ragazza,/ sanguinare e bagnarsi sotto la mia corazza/ e dicono che una notte abbia sentito una canzone,/ una voce che chiamava e che diceva il mio nome."
(da "Giovanna d'Arco").
Completiamo così il nostro omaggio a Francesco De Gregori con tre sue vecchie canzoni, riproposte anche nell'album "Tra un manifesto e lo specchio", delle quali riportiamo integralmente i testi:
"Santa Lucia, per tutti quelli che hanno occhi/ e gli occhi e un cuore che non basta agli occhi/ e per la tranquillità di chi va per mare/ e per ogni lacrima sul tuo vestito,/ per chi non ha capito./ Santa Lucia per chi beve di notte/ e di notte muore e di notte legge e cade sul suo ultimo metro,/ per gli amici che vanno e ritornano indietro/ e hanno perduto l'anima e le ali./ Per chi vive all'incrocio dei venti ed è bruciato vivo,/per le persone facili che non hanno dubbi mai, /per la nostra corona di stelle e di spine,/ per la nostra paura del buio e della fantasia./ Santa Lucia, il violino dei poveri è una barca sfondata/ e un ragazzino al secondo piano che canta, ride e stona/perché vada lontano, fa' che gli sia dolce anche la pioggia delle scarpe,/anche la solitudine."
("Santa Lucia" da "Banana Republic").
Il secondo brano di questo nostro trittico conclusivo è una riflessione sull'avvento, sulla venuta di qualcuno... non si sa di chi... ma è indubbio l'inserimento di tale attesa nel brano intitolato "Natale":
"C'è la luna sui tetti e c'è la notte per strada/ le ragazze ritornano in tram ci scommetto che nevica,/ tra due giorni Natale ci scommetto dal freddo che fa./ E da dietro la porta sento uno che sale/ ma si ferma due piani più giù/ un peccato davvero/ ma io già lo sapevo che comunque non potevi esser tu/ E tu scrivimi, scrivimi se ti viene la voglia e raccontami quello che fai se cammini nel mattino/ e ti addormenti di sera e se dormi, che dormi e che sogni che fai./ E tu scrivimi, scrivimi per il bene che conti/ per i conti che non tornano mai se ti scappa un sorriso e ti si ferma sul viso quell'allegra tristezza che c' hai/ Qui la gente va veloce ed il tempo corre piano come un treno dentro a una galleria/ tra due giorni è Natale e non va bene e non va male/ buonanotte torna presto e così sia./ E tu scrivimi, scrivimi se ti viene la voglia/ e raccontami quello che fai se cammini nel mattino/ e ti addormenti di sera e se dormi, che dormi e che sogni che fai."
("Natale" da "De Gregori").
Già Francesco De Gregori aveva cantato la morte di Babbo Natale:
"[...] E la neve comincia a cadere,/ la neve che cadeva sul prato/ e in pochi minuti si sparse la voce/ che Babbo Natale era stato ammazzato. /Così Dolly del mare profondo e il figlio del figlio dei fiori si danno la mano e ritornano a casa, tornano a casa dai genitori. "
(da "L'uccisione di Babbo Natale" da "Bufalo Bill").
Il nostro trittico di testi, citati in toto, si conclude con la presenza, tutt'altro che edulcorata o idealizzata, di colui che ha detto, paradossalmente: "Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada" (Evangelo secondo Matteo, Mt 10,24): è proprio Gesù Cristo. Ma che intendeva? "Chi ha orecchi per intendere, intenda". Intanto noi ascoltiamo ciò che intende De Gregori:
"Gesù piccino picciò, Gesù Bambino,/ fa' che venga la guerra prima che si può./ Fa' che sia pulita come una ferita piccina picciò,/ fa che sia breve come un fiocco di neve./ E fa' che si porti via la malamorte e la malattia,/ fa che duri poco e che sia come un gioco./ Tu che conosci la stazione e tutti quelli che ci vanno a dormire,/ fagli avere un giorno l'occasione di potere anche loro partire./ Partire senza biglietto, senza biglietto volare via,/ per essere davvero liberi non occorre la ferrovia./ E fa che piova un po' di meno sopra quelli che non hanno ombrello/ e fa' che dopo questa guerra il tempo sia più bello./ Gesù piccino picciò, Gesù Bambino comprato a rate,/ chissà se questa guerra potrà finire prima dell'estate,/perché sarebbe bello spogliarci tutti e andare al mare/ e avere dentro agli occhi, dentro al cuore, tanti giorni ancora da passare./ E ad ogni compleanno guardare il cielo/ ed essere d'accordo e non avere più paura,/ la paura è soltanto un ricordo./ Gesù piccino picciò, Gesù Bambino alla deriva,/ se questa guerra deve proprio farsi fa' che non sia cattiva./ Tu che le hai viste tutte e sai che tutto non è ancora niente,/ se questa guerra deve proprio farsi fa' che non la faccia la gente./ E poi perdona tutti quanti, tutti quanti tranne qualcuno,/ e quando poi sarà finita fa' che non la ricordi nessuno."
("Gesù Bambino" da "Viva L'Italia").
16. I poeti: angeli musicanti caduti sulla terra
Torniamo ora sui racconti di De Gregori:
"Fu la visione di Anna Maria con il rosario tra le dita/ Ad incantare lo stregone e a fargli cambiar vita/ Lasciò la scena in un vestito grigio, lasciò un messaggio con un sorriso/ Diceva: "Parto per Lione, e cerco un angelo del Paradiso/ "Salì sul treno che portava a Bruxelles, ordinò cognac e croissants/ Fece l'elenco dei suoi beni futili nella carrozza restaurant/ Pensò alle ville e alle piscine, ai pezzi rari da collezione/ E fece un voto come San Francesco per il suo angelo di Lione/ E cantò l'Ave Maria, almeno i versi che ricordava/ Mentre guardava dal finestrino l'ombra del treno che lo portava e ad occhi chiusi sognò quei due fiumi, il Rodano e la Saône/ Simbolo eterno delle due anime maschio e femmina di Lyon/ Restò ad aspettare sul vecchio ponte, pensò all'incontro di un anno fa/ Ma i giorni vanno e diventano mesi, quattro stagioni son passate già/ Ora il suo abito è tutto stracciato, somiglia proprio ad un barbone/ Gira le strade e cerca ad ogni passo il suo angelo di Lione/ Stanotte nella cattedrale mille candele stanno bruciando/ Le tiene accese suor Eva Maria a mano a mano che si van consumando/ E dentro ai vicoli come in sogno trascina il passo lo straccione/ Il vecchio scemo fuori di testa per il suo angelo di Lione/ E cantò l'Ave Maria, almeno i versi che ricordava/ Mentre fissava sui vecchi muri la propria ombra che lo seguiva/ E attraversò quei due sacri fiumi, il Rodano e la Saône/ E l'acqua scura come il mistero di quell'angelo di Lyon."
(testo integrale di "L'angelo di Lyon" dall'album "Per brevità chiamato artista").
E' il realismo che domina sull'aspetto visionario delle immagini del cantautore, sia pure un realismo irrigato da una battente pioggia di spiritualità:
"Ogni giorno c’è un pezzo di strada da macinare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima che sa di pioggia e che sa di sale /Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ti aspetterò così come si dice che si deve fare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non sarò mai troppo stanco di stare a aspettare/ Un altro giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non c’è niente di stabilito tutto può cambiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E non esiste un cavallo sicuro su cui puntare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno metto in tavola qualcosa da mangiare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E certe volte non trovo parole per ringraziare/ Per ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E ognuno cerca di fermare il tempo e il tempo non si sa fermare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ognuno cerca di passare il tempo e il tempo si vede passare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ A volte mi sento come un prigioniero da liberare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ma non ci sono sbarre e non c’è modo di scappare/ In ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ Ogni giorno c’è un pezzo di strada da ritrovare/ Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra/ E una lacrima da benedire e da conservare/ Per tutti i giorni di pioggia che Dio manda in terra.
(testo integrale di "Ogni giorno di pioggia che Dio manda in terra" da "Per brevità chiamato artista").
Sembra quasi di guardare dipinti come L'Angelus di Millet...
E' un realismo, anzi un neorealismo manieristico, non scevro di citazioni, quasi a evocare così la figura di Pasolini alla quale De Gregori ha dedicato una bellissima canzone:
"Non mi ricordo se c'era luna, e né che occhi aveva il ragazzo,/ ma mi ricordo quel sapore in gola e l'odore del mare come uno schiaffo./ A Pa'. /E c'era Roma così lontana, e c'era Roma così vicina,/ e c'era quella luce che li chiama, come una stella mattutina./ A Pa'. /A Pa'. /Tutto passa, il resto va./ E voglio vivere come i gigli nei campi, come gli uccelli del cielo campare, e voglio vivere come i gigli dei campi, e sopra i gigli dei campi volare."
(testo integrale di "A Pa'").
E' chiara la citazione dell'Evangelo secondo Matteo, al quale Pasolini si era ispirato per realizzare un capolavoro della storia del cinema: "[...] per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete [...] Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro?[...] E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro [...] Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta." (Evangelo secondo Matteo, Mt 6, 25-33).
Il Vangelo secondo Matteo... e Pasolini: un suo maestro di vita? un mito? sembra di sì... sicuramente anche un nostro angelo custode. E De Gregori, alla maniera di Pasolini, ama gli ultimi, gli oppressi, gli ultimi, gli affamati e assetati di giustizia, quelli che popolano le nostre strade e fanno la vera storia d'Italia:
"Suona da quindici anni dove lo pagano per suonare/ una vecchia fisarmonica gli puo' bastare/ Ha gli occhi sempre troppo gentili di uno che beve parecchio/ e non si guarda mai alle spalle né o allo specchio/ e vive dentro a un seminterrato con un cane per compagno/ saranno quasi diecimila anni che non fa il bagno/ Non ha diritto a nessuna pensione perché non ha lavorato mai/ ha una faccia da mascalzone ma non vuole guai/ e fischia quando deve chiamare gli amici/ chiede scusa prima di andare via/ scappa sempre quando vede in giro la polizia [...] E i turisti lo chiamano Ulisse/ ma il vero nome chissà qual è/ ma a lui gli va benissimo anche quello e se lo tiene per sé [...] allora suona da quindici anni/ dove lo pagano per suonare/ e una vecchia fisarmonica gli puo' bastare/ la sera quando smette di faticare/ si sente libero come una piuma/ chiude nel fodero la fisarmonica/ e ne accende una e poi pensa/ 'Mannaggia alla musica dopodomani gli dico addio' /ma poi si siede in faccia al golfo di Napoli/ e ringrazia Dio".
(da "Mannaggia alla musica" dall'album "Tra un manifesto e lo specchio").
15. Una persona con due nature in quell'Agnello
Francesco De Gregori ha dichiarato che la sua canzone "L'agnello di Dio", anche se è scritta da un non-credente, è piena di fede. Scorriamone il testo, concentrandoci sugli elementi desunti dalla teologia liturgica contenuta nelle formule più note del rito cattolico romano: "Ecco l'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo". Secondo la simbologia ebraico-cristiana, con tale metafora si indica il Messia-Cristo, termini che rispettivamente in ebraico e in greco indicano l'Unto (si ungeva, in quel contesto, chi aveva una vocazione regale, sacerdotale o profetica), e Gesù, per i cristiani, è l'Unto per eccellenza, il Cristo appunto (participio passato del verbo greco chrio).
A Dio (YHWH) gli ebrei offrivano sacrifici, immolando su piccoli altari in pietra agnelli.
L'uccisione in croce del Cristo è il sacrificio per eccellenza, secondo i cristiani: è Gesù la vittima, l'Agnello immolato, colui che porta il giogo del peccato su di sé, come espiazione per la redenzione della natura umana. I cristiani sono chiamati a seguire la via intrapresa dal Cristo... Ma, presto, cominciano a stancarsi e a trasformarsi in agnelli teneri solo in apparenza. Ecco dove si inquadra la riflessione di De Gregori, che letteralmente citiamo: "Ecco l'agnello di Dio che viene a pascolare/ scende dall'automobile per contrattare [...] All'uscita della scuola/ ha gli occhi come due monete/ il sorriso come una tagliola/ Ti dice che cosa costa/ Ti dice che cosa ti piace/ prima ancora della tua risposta ti/ dà un segno di pace".
Rileggendo il brano attentamente, soprattutto i versi seguenti, si può cogliere anche un riferimento alla natura divina dell'Agnello di Dio: c'è una volontà, espressa gradualmente, di seguire quell'Agnello (si badi alla maiuscola!) "Oh aiutami a fare come si può/ Prenditi tutto quello che ho/ Insegnami le cose che ancora non/ so, non so/ Dimmi quante maschere avrai [...]". Il termine 'maschera', in greco, si diceva proprio pròsopon, e significa 'sul volto', l'ubicazione della maschera. Nella teologia cristiana, pròsopon designa il concetto di 'persona': Dio si rivela in tre persone, la seconda delle quali ha due nature, quella divina e quella umana, ed è proprio il Cristo, l'Agnello di Dio.
La passione del Cristo, che consiste nelle sofferenze lancinanti alle quali è sottoposto dall'uomo, si rinnova nei cristiani e negli altri uomini: "Ecco l'agnello di Dio/ vestito da soldato/ con le gambe fracassate/ col naso insanguinato/ si nasconde dentro la terra/ tra le mani ha la testa di un uomo[...] Ecco l'agnello di Dio/ venuto a chiedere perdono [...] percosso e benedetto/ ai piedi di una montagna [...] legato sopra un altare [...] che nessuno lo può salvare/ perduto nel deserto - si pensi alle tre tentazioni - [...] senza niente da mangiare [...] senza un posto dove stare".
Nei versi appena scorsi, notiamo un'identificazione del cantautore nell'agnello, e il testo si fa preghiera, emergendo dalla meditazione profonda sin qui giunta all'achmé. E' una preghiera, certamente laica ma preghiera, quella di Francesco De Gregori, che come un agnello fra gli altri agnelli, umani troppo umani (Esopo direbbe che sono migliori degli uomini), si rivolge al modello, all'ideale, all'Agnello divino che, alla fine è ancora invocato: "Regalami i trucchi che fai/ insegnami ad andare dovunque sarai/ sarò/ E dimmi quante maschere avrò/ se mi riconoscerai/ dovunque sarò/ sarai".
lunedì 31 dicembre 2007
14. L'"Agnus Dei" di De Gregori
domenica 9 dicembre 2007
13. La nuova Atlantide di F. B.
(testo integrale di Come un cammello in una grondaia)
Con questa riflessione esistenziale traboccante di visioni, alla maniera di Rimbaud, ed evocatrice dello spleen di baudelairiana memoria, riprende verso la sua ultima tappa questa prima escursione nei mondi vagheggiati da Franco Battiato, che ama viaggiare di notte, con la sua fervida mente e col suo desiderio di pace interiore, invocando - alla maniera dei salmi ebraici - una presenza misteriosa che lo protegga:
"Difendimi dalle forze contrarie,/ la notte, nel sonno, quando non sono cosciente/ quando il mio percorso si fa incerto./ E non mi abbandonare mai... / Non mi abbandonare mai!/ Riportami nelle zone più alte/ in uno dei tuoi regni di quiete:/ è tempo di lasciare questo ciclo di vite./ E non mi abbandonare mai [...] Perché le gioie del più profondo affetto, o dei più lievi aneliti del cuore,/ sono l'ombra della luce./ Ricordami come sono infelice/ lontano dalle tue leggi;/ come non sprecare il tempo che mi rimane./ E non mi abbandonare mai [...] Perché la pace che ho sentito in certi monasteri/ o la vibrante intesa di tutti i santi in festa/ sono solo l'ombra della luce".
(da L'ombra della luce)
Il viaggio dell'anima, tema filosofico e religioso che ricorre dal buddhismo all'orfismo, da Pitagora a Platone, è avventuroso come quello di un nomade:
"[...] Lungo il transito dell'apparente dualità/ la pioggia di settembre/ risveglia i vuoti della mia stanza/ ed i lamenti della solitudine/ si prolungano,/ come uno straniero non sento legame di sentimento./ E me ne andrò/ dalle città/ nell'attesa del risveglio./ I viandanti vanno in cerca di ospitalità/ nei villaggi assolati/ e nei bassifondi dell'immensità/ e si addormentano sopra i guanciali della terra./ Forestiero, che cerchi la dimensione insondabile,/la troverai, fuori città,/ alla fine della strada".
(da Nomadi)
Se nella metempsicosi l'anima vaga per reincarnarsi eternamente, durante la vita di un corpo invece, questo viaggio avviene nel sogno, nei meandri dell'inconscio, tanto scrutati da Freud:
"Ci si risveglia ancora in questo corpo attuale/ dopo aver viaggiato dentro il sonno./L'inconscio ci comunica coi sogni/ frammenti di verità sepolte:/ quando fui donna o prete di campagna/ un mercenario o un padre di famiglia./ Per questo in sogno ci si vede un po' diversi/ e luoghi sconosciuti sono familiari./ Restano i nomi e cambiano le facce/ e l'incontrario: tutto può accadere./ Com'era contagioso e nuovo il cielo.../ e c'era qualche cosa in più nell'aria./ Vieni a prendere un tè al 'Caffè de la Paix'?/ Su, vieni con me./ Devo difendermi da insidie velenose/ e cerco di inseguire il sacro quando dormo/ volando indietro in epoche passate [...]".
(da Caffè De la Paix)
Spazio e tempo perdono il loro significato quando ci si avvicina all'infinito e all'eterno... Tuttavia, per Battiato, l'arché, ciò che sta all'origine, è più vicino alla purezza destinata poi a una corruzione ineluttabile:
"Torno a cantare il bene e gli splendori/ dei sempre più lontani tempi d'oro/ quando noi vivevamo in attenzione/ perché non c'era il posto per il sonno/ perché non v'era notte allora./ Beati nel dominio della preesistenza,/ fedeli al regno che era nei cieli/ prima della caduta sulla terra/ prima della rivolta nel dolore [...]".
(da Sui giardini della preesistenza)
E questa degenerazione, questa corruzione, è dipinta favolosamente, in una visione - con cui arriviamo alla meta - che ha dell'apocalittico, intendendo con questo termine quanto ciò significa secondo il suo vero etimo (da apokalyptein, cioè rivelazione). Non va trascurato il richiamo dell'ultima canzone, che qui presentiamo, alla Qabbalah, termine che in ebraico significa ricezione e che designa un testo, appunto ebraico, di insegnamenti esoterici con influssi neoplatonici. E' tuttavia la cosmogonia esiodea ad aprirci ancora una stanza nell'immaginario palazzo incantato, dalla volta affrescata, che abbiamo visitato. Esso si trova nell'inconscio ove sono presenti, come dei dipinti, i miti che ci raccontano di Atlantide - come aveva fatto anche Platone nel Timeo e in Crizia -, quando gli dei si erano divisi i domini, e se Atene fu presa da Efesto e da Atena, Poseidone si era preso Atlantide, un'isola situata dinanzi alle Colonne d'Ercole, e s'era innamorato di Clito, una donna approdata in quel luogo splendido. Tra i figli che ebbero, Atlante, il più grande, sarebbe divenuto il re dell'intera rigogliosissima isola, piena di sotterranei segreti e ricchissima di metalli preziosi fra cui il fiammeggiante oricalco. Una catastrofe, secondo Platone, sommerse per sempre Atlantide, ma questi racconti, che ispirarono anche La Nuova Atlantide di Francesco Bacone, ci raggiungono ancora, grazie a Battiato, per parlarci dei giorni nostri:
"E gli dei tirarono a sorte./ Si divisero il mondo:/ Zeus la terra,/ Ade gli inferi, Poseidon il continente sommerso. Apparve Atlantide./ Immenso, isole e montagne,/ canali simili ad orbite celesti./ Il suo re Atlante/ conosceva la dottrina della sfera/ gli astri, la geometria/ la Cabala e l'alchimia./ In alto il tempio./ Sei cavalli alati,/ le statue d'oro, d'avorio e oricalco./ Per generazioni la legge dimorò nei principi divini./ I re, mai ebbri delle immense ricchezze,/ e il carattere umano s'insinuò/ e non sopportarono la felicità,/ neppure la felicità,/ neppure la felicità./ In un giorno e una notte/ la distruzione avvenne./ Tornò nell'acqua. Sparì Atlantide".
(testo integrale di Atlantide)
12. I territori mistici di Battiato
"Certe notti per dormire mi metto a/ leggere, e invece avrei bisogno di/ attimi di silenzio [...] Sulle strade al mattino il troppo traffico/ mi sfianca; mi innervosiscono/ i semafori e gli stop, e la sera ritorno con/malesseri speciali./ Non servono tranquillanti o terapie ci/ vuole un'altra vita [...] Sulle strade la/ terza linea del metrò che avanza, e/ la sera ritorno con la noia e la stanchezza./Non servono più eccitanti o ideologie,/ ci vuole un'altra vita".
(da Un'altra vita)
Le dissolvenze oniriche, allusive al mito o alla letteratura, pur non abbandonando mai troppo la tragicità della realtà abbondano nei testi dell'artista siciliano:
"[...] Nelle chiese abbandonate si preparano rifugi/ e nuove astronavi per viaggi interstellari/ in una vecchia miniera distese di sale/ e un ricordo di me come un incantesimo".
(da I treni di Tozeur)
Dalla Tunisia, non lontana dalla Sicilia di Battiato, si parte col treno ad una velocità irreale che ci porta in mondi paralleli, in dimensioni sconosciute, sempre animati da un desiderio e da una curiosità fatti di ascolto e di speranza:
"Parlami dell'esistenza di mondi lontanissimi/ di civiltà sepolte, di continenti alla deriva./Parlami dell'amore che si fa in mezzo agli uomini/ di viaggiatori anomali in territori mistici... di più [...]"
(da No time no space)
Il superamento dello spazio e del tempo è la ricerca di una dimensione eterna , infinita, che è già evocata da alcune immagini esotiche della realtà finita, nel vissuto di Battiato:
"[...] Dicono di storie di Principesse/ chiuse in castelli per troppa bellezza/ fiori di loto, giardini stupendi/ ... e Leningrado oggi" (così chiamata fino al 1991, fino allo scioglimento dell'Unione Sovietica; dal 1914 al '24 era Pietrogrado; dal 1991 a oggi è San Pietroburgo) "strade dell'Est/ Di notte ancora ti può capitare/ di udire suoni di armonium sfiatati/ e vecchi curdi che da mille anni/ offrono il petto a novene...".
(da Strade dell'Est)
Sembra di sfogliare compendi dei racconti tratti dalle Mille e una Notte. Sembra di viaggiare, come in un sogno, fra l'Anatolia, l'Armenia, l'Iraq (un tempo, Babilonia) e la Siria, in compagnia dei curdi. E sembra di poter mangiare anche noi quei fiori di loto, che nelle credenze antiche della Grecia causavano il raggiungimento dell'oblio. Il viaggio ci porta in Cina, ma anche in Giappone nonché in India, ove foglie e fiori di loto sono ritenuti sacri.
Nonostante continuino a danzare i sufi, monaci islamici (così chiamati perché vestono di suf, cioè di lana) fondati al termine dell'Alto Medioevo e ancora oggi esistenti nell'Iran (un tempo, Persia) o nell'India, la realtà ci sveglia con i suoi caldi venti di guerra:
"[...] Un giorno in cielo, fuochi di bengala... / la pace ritornò;/ ma il re del mondo/ ci tiene prigioniero il cuore./ Echi delle danze sufi... Nelle metro giapponesi, oggi, macchine d'ossigeno./ Più diventa tutto inutile,/ e più credi che sia vero,/ e il giorno della fine/ non ti servirà l'inglese[...]".
(da Il re del mondo)
Chi è il re del mondo? Nei testi evangelici il principe del mondo indica il maligno. Qui, tuttavia, abbiamo il sospetto che ci si riferisca a qualcuno fra gli uomini più potenti o prepotenti...
Dall'altro lato, oltre all'ascolto, Battiato esprime - infine- il bisogno spirituale, liberatorio, di parlare a qualcuno che invece lo trascenda, e che così riveli la sua essenza stessa:
"E ti vengo a cercare/ anche solo per vederti o parlare/ perché ho bisogno della tua presenza/ per capire meglio la tua presenza/ per capire meglio la mia essenza./ Questo sentimento popolare/ nasce da meccaniche divine/ un rapimento mistico e sensuale/ m'imprigiona a te./ Dovrei cambiare l'oggetto dei miei desideri/ non accontentarmi di piccole gioie quotidiane/ fare come un eremita/che rinuncia a sé./ E ti vengo a cercare/ con la scusa di doverti parlare/perché mi piace ciò che pensi e che dici/ perché in te vedo le mie radici. Questo secolo ormai alla fine [...] mi spinge [...] ad [...] Emanciparmi dall'incubo delle passioni/ cercare l'Uno al di sopra del Bene e del Male/ essere un'immagine divina/ di questa realtà./ E ti vengo a cercare/perché sto bene con te/ perché ho bisogno della tua presenza".
(da E ti vengo a cercare).
Dario Coppola
11. Dioniso (o Battiato) che danza
"Le serenate all'istituto magistrale/ nell'ora di ginnastica o di religione [...] per carnevale suonavo sopra i carri in maschera/ avevo già la luna e urano nel leone [...] Lady Madonna I can try/ with a little help from my friends [...]".
(da Cuccurucucù).
La critica, tuttavia, emerge dai testi sarcastici del cantautore, che bacchetta i razionalisti seguaci di s. Ignazio da Loyola, paragonandoli a dei severi monaci buddhisti! E ne fa emergere tutti i tratti più grotteschi, in pochi versi:
"Gesuiti euclidei/ vestiti come dei bonzi per entrare a corte dagli imperatori della dinastia dei Ming [...]".
(da Cerco un centro di gravità permanente).
Battiato ama la danza e cita il ballerino russo, uno dei più grandi di tutti i tempi, morto a metà degli anni cinquanta: Vaslav Nijinskij. In un'immagine eloquente, sempre in versi fulminanti, il cantautore mette in un suggestivo contrasto coreografico il mondo della Russia comunista con quella credente:
"Un vento a trenta gradi sotto zero/ incontrastato sulle piazze vuote e contro i campanili [...] E intorno i fuochi delle guardie rosse accesi per scacciare i lupi/ e vecchie coi rosari./ Seduti sui gradini di una chiesa/ aspettavano che finisse messa e uscissero le donne/ poi guardavamo con le facce assenti la grazia innaturale di Nijinski [...]".
(da Prospettiva Nevski)
E sempre emerge la vena critica di Franco Battiato: si sente la critica delle armi, tanto cara alla filosofia marxiana, e si vede quanto stiano a cuore al cantautore siciliano la denuncia contro la borghesia, e il parteggiare per chi fa la rivoluzione, che dalla politica passa spesso alla religione:"L'ayatollah Khomeini per molti è santità [...] Le barricate in piazza le fai per conto della borghesia/ che crea falsi miti di progresso [...]".
(da Up patriots to arms)
Ed ecco che si entra in una serie di mondi fusi, come in un sogno, senza accorgerci del passaggio dall'uno all'altro. Dalla Grecia classica, dai suoi miti più affascinanti, eccoci, ad un tratto, già in Giappone:
"[...] i desideri mitici di prostitute libiche/ il senso del possesso che fu pre-alessandrino/ la tua voce come il coro delle sirene di Ulisse m'incatena/ ed è bellissimo perdersi in questo incantesimo [...] tutti i muscoli del corpo/ pronti per l'accoppiamento/ nel Giappone delle geishe/ si abbandonano all'amore/ le tue strane inibizioni/ che scatenano il piacere/ lo shivaismo tantrico/ di stile dionisiaco/ la lotta pornografica dei greci e dei latini [...]".
(da Sentimiento nuevo)
Dalle geishe, che non sono solo donne atte a soddisfare i piaceri erotici ma anche servitrici di tè e danzatrici..., dal Giappone, dunque, ci troviamo senza accorgercene, in India: lo shivaismo tantrico è il culto induista di Shiva; il tantra è, in sanscrito, la trama o il testo; ci troviamo in un sincretismo religioso: dall'induismo il tantra è entrato anche nel buddhismo - soprattutto nel Tibet - e ne sono nate sette tantriste, che affermano l'identità di spirito e materia, in cui Shiva è il pene, principio maschile, e Shakti la vagina, quello femminile. Nel testo di Battiato l'Oriente pare accoppiarsi con l'Occidente greco (e latino), che alla fine ritorna nella citazione, in una forma quasi uroborica, sicuramente dionisiaca. Certo, Dioniso che danza è l'icona più atta a esprimere i sentimenti religiosi di Franco Battiato, che ancora dice:
"[...] come le balinesi nei giorni di festa. Voglio vederti danzare come i dervisches tourners/ che girano sulle spine dorsali/ o al suono di cavigliere del Katakali. E gira tutt'intorno la stanza/ mentre si danza. Danza [...] E radio Tirana trasmette/ musiche balcaniche, mentre/ danzatori bulgari/ a piedi nudi sui bracieri ardenti [...] Nei ritmi ossessivi la chiave/ dei riti tribali/ regni di sciamani/ e suonatori zingari ribelli[...]".
(da Voglio vederti danzare)
lunedì 3 dicembre 2007
10. Se c'è Dio ci sono anch'io
Rino seppe amare molto, tanto da raggiungere ancora le ultime generazioni con questa sua passione; ha sempre amato e cantato, anche utilizzando temi mitologici, le donne: da Berta a Maria, da Lucia a Mary, da Maryanna ad Aida, da Jaqueline a Gianna. Tutto questo, anticipando una concezione libera dell'amore:
"Ma la notte, la festa è finita/ evviva la vita/ la gente si sveste/ comincia un mondo/ un mondo diverso/ ma fatto di sesso:/ chi vivrà vedrà".
(da Gianna). Non è una visione materialista, come superficialmente potrebbe apparire. C'è molta spiritualità... c'è una forza nascosta che nel pensiero di Rino Gaetano si muove per produrre immagini, che ancora ci stupiscono per l'intelligenza anticipatrice e la serenità equilibrata, che scaturiva talora dalla difficile accettazione del dolore personale ("Visto che mi vuoi lasciare"), talora dalla lotta continua al fianco degli oppressi ("Metà Africa, metà Europa"), e dal conseguente superamento critico dei problemi sociali, per i quali Rino si è battuto e impegnato come impareggiabile aedo.
"Visto che posseggo/ un panino/ un'aranciata/ ed ho una donna in/ testa/ sia beninteso che/ per pochi intimi/ stasera io darò/ una festa/ e tu che Dio ti/ benedica/ non portarti appresso/ la tua amica/ ma vieni da sola/ perché da solo con/ te grazie a Dio grazie a/ te [...] e dopo un poco ci/ provo e va tutto/ okey/ grazie a Dio grazie a lei".
(da Grazie a Dio, grazie a te).Il tema della festa, già a partire dalla musica orecchiabile e popolare, è molto presente nei testi di Rino, come in una vera liturgia, e supera il momento del dolore con l'amore per la vita nella sempre ironica, perciò efficace, lotta per la vera pace.
"Mi alzo al mattino con una nuova illusione,/ prendo il 109 per la rivoluzione [...] io cerco il rock'n'roll al bar e nei metrò,/ cerco una bandiera diversa senza sangue sempre tersa/ Ma ci ripenso però, mi guardo intorno per un po'/ e mi accorgo che son solo,/ in fondo è bello però [...] in fondo è bella però è la mia guerra e io ci sto".
(da E io ci sto)Sembra di rivedere il fanciullo, emblema dell'oltreuomo che Nietzsche descrive in La Gaia Scienza, nella sua serena accettazione dell'eterno ritorno, simboleggiata dal mordere il serpente uroborico. Rino aveva accettato, fedele a questa terra, i suoi dolori e le sue gioie e ha saputo comunicarcelo:
"Insieme a te vivo il mio momento strano/ mi mordo una mano mi sento divino/ divento un bambino insieme a te/ mi compro un turbante e mi invento un'amante/ ma solo con io solo con io/ solo con io [...]".
(da Solo con io)
Sapeva e sa ancora comunicare continuando a farci cantare Ma il cielo è sempre più blu.
"[...] sempre il gioco è la vita mia/ che poi finirà/ ma se c'è Dio ci sono anch'io/ buon Dio lo sai/ e c'è Dio di notte ti sento ci/ sei [...] e c'è Dio di notte ti sento ti/ voglio ci sei".
(da Ma se c'è Dio)Non è bastato un incidente, quel giugno del 1981, a far tacere la sua voce e a far cessare quello che ci dice ancora.
Dario Coppola
venerdì 30 novembre 2007
9. In Paradiso... con i Beatles
"Quando i cieli non sono così blu, / non ho nient'altro da fare, / solo pensare a qualcosa di nuovo da dirti, / ma le parole mi restano sulla punta della lingua [...] aspetto un'occasione / per provarti il mio amore".
(da Tip of my tongue).
"Così gli uccelli nel cielo non saranno tristi e soli, / perché sanno che possiedo il mio unico e solo amore [...]".
(da Bad to me).
"Ed eternamente/ sarò sempre innamorato di te [...]"
(da Thank you, girl).
"Ogni volta che guardo nei tuoi occhi, / vedo che lì c'è il Paradiso".(da Love of the loved).
"Anche nei miei sogni guardo nei tuoi occhi, / All'improvviso mi sembra di aver trovato un Paradiso".
(da Nobody I know)
Un riferimento agli Hare Krishna, che incontrarono i favori di Harrison, si trova in I am the walrus. Qualcuno ha anche avanzato interpretazioni religiose di Hey Jude: non ritengo sufficiente la documentazione per accertarne la legittimità... Concordemente i critici non possono però che accogliere la dichiarazione di Harrison stesso, secondo la quale Long, Long, Long è dedicata proprio a Dio, attraverso riferimenti alla moglie di George. Compare una visione mistica e panteistica, se leggiamo i versi (che tuttavia non accennano a Dio) con la chiave di lettura teocentrica che l'autore ci indica:
"E' stato un lungo, lungo, lungo tempo, / come ho potuto perderti / quando ti amavo? / C'è voluto un lungo, lungo, lungo tempo, / ora sono così felice di averti ritrovato. / Come ti amo. / In quante lacrime cercavo [...] Come posso mai metterti nel posto sbagliato? / Come ti voglio / Oh, ti amo / Sai che ho bisogno di te".
Un intero album dei Beatles è intitolato Abbey Road. In esso Lennon-Mc Cartney, attraverso la canzone You never give me your money, riprendono modi di dire che rivelano ricordi d'infanzia, tenerissimi, della loro educazione religiosa: "Uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, / Tutti i bimbi buoni vanno in cielo". Già... in cielo... è un altro tema ricorrente cantato dai Beatles... come quello del Paradiso: si diceva del termine caelum che può evocare ciò che è nascosto, celato. Paradiso, dal greco paradeisos, significa "giardino". Il giardino dell'Eden è, fra l'altro, il Paradiso terrestre... Il Paradiso è un un giardino di delizie, nelle religioni: questo concetto divenne presto atto a designare l'etrno soggiorno delle anime beate. E la musica dei Beatles ci ha fatto assaporare un po' di Paradiso, di beatitudine... e di eternità.
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia del 28/09/96.
8. L'Oriente religioso dei Beatles
"Le parole volano come pioggia senza fine in una tazza di carta, / scivolano mentre passano, si disperdono per tutto l'universo./ Pozzanghere di dolore, onde di gioia fluttuano nella mia / mente aperta./ S'impossessano di me e mi accarezzano. / Jai Guru Deva Om. / Niente cambierà il mio mondo [...] Immagini di luce spezzata che mi danzano davanti come / un milione di occhi, / che mi chiamano per tutto l'universo [...] Jai Guru Deva Om / [...] Amore senza fine né limiti che mi splende intorno, come / un milione di soli, / mi chiama [...] per tutto l'universo. / Jai Guru Deva Om [...] ".
Un altro testo di Paul Mc Cartney, The long and winding road, appartiene a una ballata dell'album Let it be. Ancora una volta, su musica di Lennon-Mc Cartney, emerge l'invocazione tipica del linguaggio religioso, che Paul rivolge a un "tu" indefinito (si pensi alla corrente filosofico-teologica del personalismo):
"La strada lunga e tortuosa che porta a te, / non scomparirà mai, ho già visto quella strada./ Mi porta sempre qui, mi porta da te. / La notte di vento e tempesta che la pioggia ha lavato via, / ha lasciato una pozza di lacrime piangendo per il giorno. / Perché lasciarmi qui, insegnami la strada. / Molte volte sono stato solo e [...] ho pianto, / [...] Mi hai lasciato qui molto tempo fa. / Non tenermi qui ad aspettare, guidami da te".
Può essere un riferimento a una persona in particolare, ma richiama i versi dei salmi ebraici, ove la ricerca di un amore protettivo in cui rifugiarsi è un leitmotiv.
Un gioco di parole di Ringo Starr diede il titolo a Tomorrow never knows:
"Spegni la tua mente e rilassati e abbandonati alla corrente, / non è morire [...] arrenditi al vuoto. / E' risplendere [...] che tu possa capire il significato del profondo, / è esistere. / Che l'amore è tutto in tutti [...] è sapere. / Quando l'ignoranza e l'odio possono piangere il morto, / è credere [...] gioca il gioco dell'esistenza fino alla fine / del principio[...] ".
Questo testo fu ispirato dal Libro dei Morti, testo sacro del Buddhismo tibetano.
7. Parole di... fede?
Così recita Because di Lennon-Mc Cartney-Harrison. Non solo il cielo qui compare ma anche il vento, un forte vento che inebria il mondo rotondo: è un panteismo cosmico, traboccante nelle espressioni rivolte al cielo. Qualcuno ha anche associato l'etimologia del termine latino caelum a quella del verbo caelo, che indica ciò che non fa vedere oltre, che è nascosto, che è associato al mistero...
Lennon-Mc Cartney rapirono i nostri sentimenti quando scrissero un testo, immortale ancora nella memoria collettiva, che suona così:
"Quando mi trovo in momenti difficili/ Madre Maria viene da me./ Con parole di saggezza, lascia che sia./ E nella mia ora di oscurità/ lei sta proprio davanti a me/ con parole di saggezza, lascia che sia, / lascia che sia, lascia che sia [...] Sussurra parole di saggezza, lascia che sia./ E quando le persone dal cuore spezzato/ che vivono nel mondo andranno d'accordo, / ci sarà una risposta, lascia che sia/ perché anche se sono divise/ vedranno che c'è ancora una possibilità [...] E quando la notte è piena di nuvole, / c'è ancora una luce che risplende su di me,/ risplende fino a domani, lascia che sia ".
Inutile citare il titolo (Let it be), inscindibile dalla musica dolce e malinconica che evoca. Madre Maria è la madre di Paul Mc Cartney (qualcuno pensò tuttavia a un riferimento religioso...). Indubbiamente il genere letterario è quello dell'invocazione religiosa: il già citato Salmo 23 (22) recita:
"Se dovessi caminare in una valle oscura, / non temerei alcun male, perché tu sei con me [...] Felicità e grazia mi saranno compagne/ tutti i giorni della mia vita,/ e abiterò nella casa del Signore / per lunghissimi anni".
Troviamo facili consonanze fra questo celebre salmo e questi versi di Let it be :
"Quando mi trovo in momenti difficili [...] nella mia ora di oscurità / lei sta proprio davanti a me [...] C'è una [...] luce che risplende su di me [...] fino a domani".
La ricerca dell'amore fra i popoli, della concordia, della speranza è la preghiera di Paul... la ricerca di parole di saggezza.
In greco la saggezza si esprime con termini come sofrosyne, fronesis , e deriva dall'esperienza. Per i cristiani, la saggezza, come la sapienza, derivano dal logos, che è Cristo stesso. Egli si è fatto logos, cioè Parola fra le parole, saggezza e sapienza, ragione... Sì, Cristo si fa ragione... e non fede. Anche se ciò richiede fede. Anche l'uomo senza fede può così sperare, se sa amare. E l'amore per gli uomini porta all'amore di Dio:
"[...]nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni verso gli altri, Dio rimane in noi e l'Amore di lui è perfetto in noi".
(Prima lettera di Giovanni, 1Gv 4).
E con l'amore e la speranza, qualche uomo ha - poi - raggiunto la fede.
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia del 13/07/96
domenica 25 novembre 2007
6. I Beatles e la fede
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia del 29/06/1996
5. Dio e i Beatles
E' soprattutto George Harrison, tuttavia, a scrivere testi di profonda religiosità. In Within you, without you, il rapporto fra legge divina e mondo reale è affrontato con un respiro che sa d'Oriente:
"Parlavamo/ dello spazio tra tutti noi/ e della gente/ che si nasconde dietro un muro di illusione./ Non intravede mai la verità/ poi è troppo tardi/ quando va nell'aldilà./ Parlavamo/ dell'amore che tutti potremmo condividere/ quando lo troviamo/ fare del nostro meglio per tenerlo lì./ Col nostro amore [...] potremmo salvare il mondo/ se solo sapessero./ Cerca di capire che è tutto dentro di te/ Nessun altro può farti cambiare/ E capire che in realtà sei soltanto molto piccolo, / e la vita scorre dentro di te e fuori di te./ Parlavamo/ dell'amore che è diventato così freddo a delle persone,/ che ottengono il mondo e perdono l'anima./ Loro non sanno/ non capiscono./ Sei uno di loro?/ Quando hai visto oltre te stesso/ allora puoi scoprire che la pace della mente è lì/ che aspetta/ e verrà il tempo in cui capirai che siamo tutti/ un'unica cosa,/ e la vita scorre dentro di te e fuori di te".
Lennon e Mc Cartney parlano di un "magico viaggio del mistero" in Magical Mystery Tour e, sia pur alludendo ai viaggi avventurosi di moda alla fine degli anni sessanta, indubbiamente è qui usata ancora una volta una terminologia legata all'irrazionale, con un linguaggio che pone l'uomo a contatto col mistero che lo origina e che sempre lo attende al varco. Così anche Lady Madonna, pur rappresentando la tipologia comune della donna, come Mc Cartney ebbe a precisare nel 1986, inevitabilmente assolve a questo compito, facendo uso del linguaggio religioso, ricorrendo persino alle iniziali maiuscole e ad alcune immagini allusive:
"Lady Madonna [...] Pensavi che i soldi venissero dal cielo? [...] Domenica mattina avanza furtiva come una suora [...] Lady Madonna, il bimbo al tuo seno ".
Un esplicito cenno di Lennon-Mc Cartney al libro sacro delle religioni giudaica e cristiana si trova, infine, ascoltando Rocky Raccoon:
"Rocky [...] si sistemò nella sua stanza/ e ci trovò solo la Bibbia [...] lasciata senza dubbio/ per aiutare il buon Rocky a riprendersi".
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia del 15/06/96
4. Il mito ieri... e oggi
(da Wish you were here)
Con questa domanda, che può far nascere speranze, riprendiamo il nostro viaggio nella musica rock, ancora una volta prendendo in prestito le parole dei Pink Floyd, un gruppo che è, per antonomasia, un mito. Già, un mito. Non possiamo però prima sottrarci al compito affidatoci, che consiste nell'analizzare il legame uomo-Dio, proprio trovandoci dinanzi a questo termine.
In greco, mythos indica una forma di pensiero di carattere irrazionale; mentre il logos è il discorso razionale, il mythos narra, con la fantasia, le vicende riguardanti gli dei, le origini del mondo e il legame dell'uomo con ciò che a lui è superiore (inizialmente inspiegabile con il logos).
Gli egizi fecero del Nilo un mito: dipendevano infatti dal legame fruttuoso e necessario col loro fiume per l'irrigazione delle desertiche terre sulle quali vivevano; temevano inoltre le frequenti inondazioni che causavano la rovina improvvisa di molti uomini. Anche il sole divenne un mito, destinato a perdurare ancor più a lungo, per la sua inavvicinabilità, la sua (quasi) trascendenza...
Tutti conoscono gli approdi armoniosi e leggiadri della mitologia nella Grecia classica. Finché, un giorno, Platone spostò la funzione del mito: esso divenne un racconto, non fu più una fede religiosa: nel V secolo a. C. era stata imposta come religione ufficiale , in Grecia, la mitologia omerica ed esiodea e con severità venivano puniti coloro che non la professavano, come i filosofi, sospettati di allontanarsene e di allontanare i loro discepoli (da Senofane a Socrate e Platone...). Il mito divenne un racconto destinato verosimilmente a spiegare l'inspiegabile: il mito platonico della caverna spiegava la conoscenza imperfetta dell'uomo che è anamnesis, reminiscenza, il riflesso nel mondo sensibile di ciò che l'anima ha visto nel mondo intellegibile.
Evemero da Messina disse che il mito di Ercole, ad esempio, non è che il legame consistente in un ricordo amplificato con ciò che era stato, in vita, un grande re, che organizzò un risanamento del suo paese in dodici fasi (una manovra economica riuscita...): esse divennero le dodici fatiche!
Quando le esperienze sono passate vengono rimosse (quelle negative) o mitizzate (quelle positive). Ancora oggi ciò avviene. I nostri miti (termine vivo più che mai) sono anche presenti nel rock.
Dal prossimo intervento ci occuperemo, per alcune puntate, di quel mitico gruppo, i Beatles, che ha segnato la fede di generazioni nelle cose passate, esaltando l'amore sopra ogni valore, con versi come
"Oh, I believe in yesterday".
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia del 20/04/96
3. Con i Pink Floyd... a cercare Dio
E' interessante notare quale nome sia stato dato al gatto della canzone Lucifer Sam... è qui evocato un travaglio interiore, che "faustianamente" pone l'autore in relazione col sacro, sia pure in modo simbolico. Si parla poi di totem in Che cosa sia più luce: il ruolo del totem è fondamentale nello studio delle origini della religione ( come scrive S. Freud in Totem e Tabù).
Ma continuiamo a scorrere queste parole che a qualcuno evocano anche la musica associata:
"C'è chi nasce e chi muore sotto l'infinità del cielo"
(da Childhood's End)
"Ma tu sei l'angelo della Morte"
(da Free four)
Col brano tratto da Breathe, che recita
"Il rintocco della campana di ferro ricorda ai fedeli di inginocchiarsi ad ascoltare le magiche note sommesse",
l'aria emana realmente aromi di incenso tipici di una sacralità tradizionale (forse un po' bigotta) vissuta con solennità grave.
In Welcome to The Machine il canto fa riferimento a un manuale da boy scout...
Ma il vertice rigoglioso e sereno della spiritualità inconscia (o anche conscia...) dei Pink Floyd della prima generazione si trova in questi versi:
"Ho guardato oltre il Giordano e ho visto [...] il Signore è il mio pastore, nulla mi mancherà. Mi fa giacere disteso attraverso verdi pascoli, mi conduce presso le acque quiete, con coltelli lucenti mi solleva l'anima [...] Egli ha grande forza";
i versi sono tratti da Sheep, ove è esplicito il riferimento al Salmo 23 (22).
A questo punto i miei lettori increduli possono anche cambiare idea... Ma ci sono per loro ancora alcuni riferimenti:
"Dimmi la verità, dimmi perché Gesù fu crocifisso?"
è l'agghiacciante domanda posta nei versi di The Post-War Dream.
Un'amara esperienza si legge in Your Possible Pasts:
"Gente fredda e pia ci teneva in pugno. Ci insegnavano a [...] pregare".
Tuttavia il riferimento a Cristo è sempre vivo:
"Gesù, Gesù ma perché poi a provare a far filare quei piccoli ingrati?"
(da The Hero's return).
Meglio Cristo che la sua chiesa...
In conclusione, le parole si fanno preghiera negli inconfondibili suoni e ritmi delle canzoni dei Pink Floyd:
"Anima tesa che impara a volare [...] Non posso staccare gli occhi dal cerchio dei cieli. Ammutolito ruota un [...] essere terreno [...] io [...] sopra il pianeta, un'ala e una preghiera [...] stato d'estasi [...] Ora ho visto gli avvertimenti, urlano da ogni parte. E' facile ignorarli e Dio sa se ci ho provato. Tutta questa tentazione, la mia fede s'è trasformata in menzogna [...]"
(da Learning to fly).
L'amarezza e il senso di colpa per una religione che chiama e non risponde ancora si assapora nei versi
''Quando il Giusto se n'esce dalla porta. Non ci sarà salvezza nei numeri''
(da Lost For Words).
Questo articolo di Dario Coppola è stato pubblicato sul Corriere di Torino e della Provincia il 24/02/1996
2. Il legame uomo-Dio per i Pink Floyd
"Giove, Saturno [...] Nettuno, Titano [...]" (da Astronomy Domine)
"Gesù sanguina [...]"
(da Take up Thy Stethoscope and Walk)
"[...]formulare una domanda al cielo/ O mio Dio saranno tristi per me? [...] O Dio qualcosa nel cielo mi attende [...] (da Corporal Clegg)
"Ora guardo alto verso il cielo [...] angelo [...] campana [...] oh Dio devo starmene a casa [...] e poi il cielo si apre su di te"
(da Late Night)
"Mormoni rubati [...] visione magica evocata da lingue di fuoco"
(da Burning bridges)
"Il cielo ha mandato la terra promessa [...] via giusta [...] perché è l'ora [...] un ventre gelido mi soffia nell'anima. Qualcuno ha mandato la terra promessa" (da Wots?... Uh! The Deal)
Si tratta di religiosità fusa con un suggestivo naturalismo, che affonda con le sue radici inconsce nelle verdi radure culturali dell'ebraismo cristianizzato. Ma si notano anche riferimenti alla religione mitologica.
Basti questo, per ora, fermo restando che il bello deve essere ancora qui letto e riletto...